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N. 7/8 luglio/agosto 2003

A cura del Professor Italo Richichi, Direttore della Divisione di Cardiologia riabilitativa del Policlinico S. Matteo di Pavia. Sezione staccata presidio di Belgioioso
(tel. 0382.501413, fax 0382.501452)

1. Extrasistolia ventricolare frequente
A mio marito, all’età di 38 anni, è stato diagnosticato “ritmo sinusale normofrequente. Extrasistolia ventricolare estremamente frequente, prevalentemente monomorfa con lunghi periodi di bigeminismo. 8 coppie”. Potrebbe spiegarmi la gravità della patologia, il significato e la possibile terapia?
Il ritmo cardiaco si mantiene sempre con una frequenza regolare (60-70 battiti al minuto) pur avendo ampie possibilità di adattamento a seconda delle esigenze alle varie attività quotidiane. Esiste un centro cardiostimolatore (Nodo seno-atriale) collocato nell’atrio destro che domina e guida tutto il cuore nell’eccitocontrazione. Alcune condizioni particolari o atipiche, senza per questo diventare patologiche, possono eccitare in modo eccessivo alcuni gruppi cellulari e far emergere un battito precoce, extrastimolo, che s’inserisce nel ritmo cardiaco. Si tratta di extrasistoli che possono essere sopraventricolari o ventricolari, precoci o tardive, isolate o frequenti, singole o accoppiate; le caratteristiche possono essere numerose. Ma una suddivisione clinica le caratterizza in modo più concreto: aritmie benigne o maligne. In effetti sono quelle che creano rischi o pericoli alla salute o addirittura alla vita; si tratta di extrasistoli molto precoci (R/T) che possono scatenare aritmie più gravi innestando tachicardie o fibrillazioni dei ventricoli che possono addirittura produrre l’arresto cardiaco. Non mi sembra che le caratteristiche dell’extrasistolia descritta dal lettore possa essere considerata maligna. È comunque necessario eseguire una registrazione prolungata di 24 ore o più dell’elettrocardiogramma per capire la tipologia dell’aritmia e quindi il suo rischio. Esiste una procedura cruenta che permette di fare una diagnosi precisa: è lo studio elettrofisiologico, un esame che per la sua durata e complessità viene consigliato nei casi sospetti. La terapia consigliata si basa sugli antiaritmici, farmaci capaci di agire con molta efficacia riducendo e controllando tutti i sintomi.

2. Le cause del prolasso
Quali danni può provocare il prolasso? Esiste un esame che dimostri che il prolasso è congenito? Un elettrocardiogramma può evidenziare questo problema?
Il prolasso è una malattia che interessa il tessuto connettivo che sostiene l’apparato di una valvola cardiaca; prevalentemente interessa la valvola mitrale ma può coinvolgere anche la valvola tricuspide. L’apparato valvolare assieme a quello sottovalvolare è costituito da lembi valvolari (2 nella mitrale) inseriti in un anello e legati a delle corde tendinee per impedire il ribaltamento dalla cavità ventricolare a quella atriale. Le corde tendinee che impediscono ai lembi il ribaltamento sono una sessantina e funzionano tutta la vita, ma se esiste una piccola degenerazione in una di queste corde, appare chiaro che il meccanismo patologico produce un piccolo ribaltamento nell’atrio con insufficienza mitralica. Così si avvia il processo della valvulopatia mitralica, destinata ad aggravarsi col tempo. Spesso la manifestazione della malattia avviene in età adulta, anche se c’è la predisposizione congenita, non facilmente dimostrabile. L’elettrocardiogramma non permette la diagnosi, ma è possibile rilevare qualche volta delle modifiche non specifiche (Onde T negative in D3, aVF). L’ecocardiogramma invece permette una diagnosi precisa sia qualitativa che quantitativa.

3. La sicurezza del by-pass
Circa tre anni fa mio marito ha subìto un intervento by-pass aorto-coronarico. È vero che nella maggior parte dei casi i soggetti operati come lui, nell’arco di 10 anni, si devono rioperare in quanto i by-pass tendono ad occludersi completamente? Non esiste nessuna forma di prevenzione?
Le coronarie sono arterie di medio calibro che portano il sangue dall’aorta alla parete muscolare del cuore; il diametro del lume non supera il centimetro e arriva a 1 mm, costruendo una rete di arteriole e capillari che irrora tutte le fibrocellule muscolari. Quando una coronaria si chiude non arriva sangue nel distretto di pertinenza e le cellule muoiono: si produce così l’infarto miocardico. La malattia che colpisce le coronarie si chiama aterosclerosi; nel lume interno compare una placca (escrescenza) che dalla parete cresce nell’interno del lume lentamente e progressivamente, restringendo la cavità e producendo una stenosi coronarica. Quando le coronarie hanno placche aterosclerotiche multivasali si procede al by-pass (ponte) aorto-coronarico. Il Cardiochirurgo, quando possibile, preferisce utilizzare arterie (mammaria destra o sinistra o pezzi di arteria radiale), altrimenti usa, prelevandoli dalla gamba, pezzi di vena safena. La loro durata dipende dal tipo di materiale utilizzato e dalle caratteristiche individuali. Questo non significa che l’intervento debba essere rifatto a distanza di anni. La prevenzione è possibile con terapia anticoagulante o antiaggregante con aspirina. È molto importante eliminare i fattori di rischio (ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, fumo, diabete, stress, obesità, sedentarietà), per rallentare il processo patologico che investe la vita e la durata dei by-pass aorto-coronarici