Ricorrono in questo 2024 ottocento anni da che fu fondata l’Università di Napoli, per iniziativa dell’imperatore svevo Federico II, “stupor mundi”, al quale non a caso, a partire dal 1992, l’università stessa è intitolata.
Ne parlo qui perché lo Studium napoletano può essere considerato da molti punti di vista la prima università così come noi la intendiamo oggi: laica, pubblica, istituita con un provvedimento “statale” mediante uno specifico atto. Le università medievali erano una sorta di aggregazioni di studiosi che si formavano per lo più attorno a conventi o istituzioni religiose, sollecitate da studenti che pagavano quei dotti affinché trasmettessero il loro sapere. Le loro origini, dunque, si perdono nella notte dei tempi, le date di fondazione tramandate sono piuttosto arbitrarie e talvolta ricostruite a posteriori, mentre le circostanze sono ammantate di leggenda.
Invece la nascita dell’Università di Napoli è sancita in una delle Licterae Generales (una sorta di manifesti) che l’Imperatore promulgava per annunciare al mondo intero le sue iniziative. Di tali Licterae ci resta una ricca collezione, anche perché furono fin da subito considerate degli esempi di ars dictaminis, studiate ed imitate nei corsi di letteratura, di retorica e di diritto: il loro autore era un certo Pier delle Vigne, che Dante assicura esser finito all’inferno perché morto suicida, ma che in vita era stato maestro di retorica e di giurisprudenza, ed aveva tenuto “ambo le chiavi del cor di Federigo”, cioè aveva goduto della fiducia incondizionata dell’Imperatore.
La scritta latina scolpita sullo scalone d’ingresso dell’Ateneo napoletano, “Ad scientiarum haustum et seminarium doctrinarum” (alla fonte delle scienze e al vivaio dei saperi) è tratta dall’incipit di quel manifesto: “Desideriamo che nel nostro Regno molti siano resi saggi ed accorti grazie alla fonte delle scienze e al vivaio dei saperi”. La scelta di porre la sede a Napoli nasceva dalla necessità di consentire ai giovani di studiare senza allontanarsi troppo dalle famiglie (“in conspectu parentum suorum”) e di liberarli dalle fatiche e dai pericoli dei lunghi viaggi (“a longis itineribus et quasi peregrinationibus”): insomma, non solo si istituiva un’Università moderna ma ci si preoccupava anche dei problemi dei pendolari!
Nello Studium napoletano la medicina aveva un ruolo centrale – assieme alle discipline allora classiche delle Università (retorica, grammatica, giurisprudenza, eccetera) – e peraltro in Campania l’insegnamento della medicina poteva già vantare un’antichissima tradizione nella Scuola Medica Salernitana. Quest’ultima rientra fra quelle di cui non è possibile stabilire una data precisa di fondazione; probabilmente affonda le sue radici nell’alba del Medioevo, ma le prime notizie documentate risalgono al periodo di Carlo Magno.
La fondazione della Scuola Medica Salernitana viene narrata da una bellissima leggenda che per certi versi somiglia alla parabola evangelica del “buon samaritano” e per altri alle barzellette in cui “un italiano, un francese, un tedesco e un inglese s’incontrano al bar”: sotto gli archi di un ponte a Salerno si ripararono in una notte di pioggia un uomo latino che aveva una ferita ad una gamba, un greco, un ebreo e un arabo, tutti e quattro maestri dell’arte medica; vinta la diffidenza iniziale, i tre sani si avvicinarono al ferito e ognuno propose il proprio metodo per curarlo. Visto come l’unione dei loro saperi era stata efficace, i quattro decisero di fondare insieme una scuola per trasmettere le loro conoscenze ai giovani.
La morale di queste due storie ed il loro insegnamento per i tempi di oggi sono talmente evidenti che non ci spenderò altre parole.