di Cristina Sampiero
Vi è molta confusione riguardo il vero significato della decisione dello IARC di includere le carni rosse fra le sostanze cancerogene. Se molti studi hanno dimostrato che un consumo abbondante di carne rossa aumenta il rischio di sviluppare molte malattie, la classificazione di cancerogenicità non è che una misura di sicurezza con cui gli esperti ci mettono in guardia circa la potenziale pericolosità di un prodotto
La carne rossa lavorata è cancerogena per l’uomo, cioè può indurre mutazioni a livello del DNA delle cellule. Molti studi hanno dimostrato che un consumo abbondante di carne rossa, soprattutto se lavorata e cotta ad alte temperature, aumenta il rischio di sviluppare molte malattie, prima fra tutte il cancro del colon-retto. È bene quindi limitare il consumo di proteine animali, e sostituire la carne rossa con pollo o pesce, o meglio, con proteine vegetali, come quelle presenti nei legumi e nella soia.
Vanno fortemente limitati quindi i salumi e le carni molto cotte e abbrustolite. Più genericamente, il 75% dei cibi che mangiamo dovrebbe essere di origine vegetale. Ecco in sintesi il proclama IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), che negli ultimi tempi ha preoccupato un po’ tutti. Al di là dello spavento iniziale, è bene sapere che:
1) lo IARC stila la classifica di ciò che può provocare il cancro in base a una precisa scala di rischio;
2) perché una sostanza sia inserita nelle liste IARC, devono essere disponibili i risultati di studi di laboratorio e, possibilmente, anche studi epidemiologici sull’uomo. Tali studi vengono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d’esposizione molto lunghe, condizioni che raramente sono possibili nella vita reale.
Proprio per via del rigore richiesto da questi studi, in realtà esistono molte sostanze cancerogene sulle quali non ci sono ricerche precise e che, pertanto, non vengono inserite nelle liste IARC.
Le liste sono così suddivise:
gruppo 1: carcinogeni umani certi – 113 agenti.
gruppo 2A: carcinogeni probabili per l’uomo – 66 agenti.
gruppo 2B: carcinogeni possibili – 285 agenti.
gruppo 3: sostanze non classificabili come carcinogene – 505 agenti.
gruppo 4: sostanze probabilmente non carcinogene per l’uomo – 1 agente, il caprolactam, precursore del nylon.
Vi è molta confusione riguardo al vero significato della decisione dello IARC di includere le carni rosse e le carni rosse lavorate rispettivamente nella classe 2A e nella classe 1 delle sostanze cancerogene.
La decisione è stata presa dopo un’attenta revisione degli studi disponibili in merito, ma non significa che i salumi siano più pericolosi della carne rossa fresca. La classificazione di cancerogenicità non è una classificazione di rischio ma una misura della sicurezza con cui gli esperti si esprimono sulla cancerogenicità di un prodotto. In pratica ci dice solo che gli studi su salumi e insaccati hanno una qualità e un’ampiezza tale da farci dire con sicurezza che i salumi possono aumentare il rischio di ammalarsi, mentre che gli studi sulle carni rosse sono statisticamente meno certi e quindi ci permettono solo di affermare che probabilmente l’associazione esiste. Per quel che riguarda le carni bianche (pollame e coniglio), gli esperti affermano solo che non esistono studi sufficientemente attendibili e che, quindi, non possono pronunciarsi né in un senso né nell’altro, anche se la conoscenza dei meccanismi molecolari che rendono la carne rossa potenzialmente cancerogena (la presenza del ferro EME) permette di dire che le carni bianche (che non contengono questo composto) sono probabilmente più sicure. Su altri meccanismi studiati, come la modificazione della microflora intestinale non si può, invece, al momento, fare una vera distinzione tra un tipo di proteina animale e l’altra, perché non esistono studi ad hoc.
Perché le carni rosse sono così pericolose dunque? L’emoglobina e la mioglobina sono due proteine che contengono una molecola (gruppo EME) con al centro un atomo di ferro. Il gruppo EME serve per catturare ossigeno, essenziale per la produzione di energia ed è questo il motivo per cui ne vengono immagazzinate grandi quantità nei muscoli e la carne rossa è di questo colore. Diversi studi indicano però che il gruppo EME stimola, a livello dell’intestino, la produzione di alcune sostanze cancerogene e induce infiammazione delle pareti intestinali. Un’infiammazione prolungata nel tempo dovuta a massiccia ingestione di carne rossa aumenta le probabilità di sviluppare tumori al colon-retto, che nei Paesi industrializzati è il terzo tumore per frequenza. Non solo: le carni rosse possono essere lavorate mediante essicatura, salatura o affumicatura, e conservate con additivi come nitrati, nitriti e idrocarburi policiclici aromatici; negli studi epidemiologici in generale si distingue il consumo di carne fresca da quello di salumi e insaccati, proprio per via della loro diversa composizione.
Una grande metanalisi pubblicata nel 2010 dall’Harvard School for Public Health ha rilevato un aumento di rischio di infarto e diabete nei consumatori di carne rossa lavorata (bacon, salsicce ecc.) ma non in quelli di carne rossa fresca mentre, per quel che riguarda il cancro, il rischio esiste anche per coloro che si nutrono di grandi quantità di carne fresca. I meccanismi molecolari non sono ancora del tutto chiari, ma è probabile che sale e conservanti contribuiscano a differenziare il rischio tra carne rossa lavorata e non lavorata. Anche lo studio EPIC ha fornito prove in questa direzione: il rischio di morire prematuramente di cancro o malattie cardiovascolari aumenta all’aumentare dei consumi di carne lavorata.
Ancora, un’analisi condotta nel 2011 dal World Cancer Research Found ha stimato che un consumo elevato di carni rosse lavorate aumenti del 17% il rischio individuale di ammalarsi di cancro del colon. Si tratta del rischio relativo, che va cioè rapportato al rischio reale (rischio assoluto) del singolo individuo. Se una persona non ha familiarità per il cancro del colon, ha abitudini di vita salutari, non fuma, fa esercizio fisico ma consuma frequentemente salumi, accrescerà il suo rischio di ammalarsi del 17%, ma il suo rischio resterà comunque molto basso per tutte le ragioni esposte. Il 17% di un numero piccolo è un numero ancora più piccolo, e quindi in termini assoluti quella persona non avrà aumentato di molto il proprio rischio di ammalarsi di cancro al colon. Nessuna patologia è causata soltanto dal consumo di carne rossa. Tuttavia gli epidemiologi concordano sul fatto che gli individui che seguono diete ricche di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, hanno un maggior rischio di sviluppare patologie come diabete, infarto e problemi cardiovascolari, obesità e cancro.
Tutti questi studi non fanno che supportare le raccomandazioni di salute pubblica già in essere da tempo, le quali invitano a limitare il consumo di carne; allo stesso tempo però, rilevano anche che la carne rossa ha un valore nutrizionale. L’invito è quindi quello di bilanciare i rischi e i benefici del consumo di carni rosse o trattate.
Per gli addetti ai lavori niente di nuovo quindi, poiché si sa e si predica da tempo che la carne, fresca e/o lavorata, presenta dei rischi per chi la consuma molto spesso. Quello che colpisce è invece il cambio di paradigma; qui si mette la carne insieme a sostanze cancerogene come per esempio l’asbesto o l’alcol.
Dal punto di vista della salute pubblica non cambia niente, non è necessario eliminare del tutto alcuni alimenti, vanno semplicemente consumati come indicato della piramide alimentare mediterranea, che pone le carni rosse e soprattutto gli insaccati tra gli alimenti da consumare saltuariamente. Il modello della dieta mediterranea è oggi l’unico che ha evidenza scientifica consolidata sull’allungamento della vita e sulla diminuzione di insorgenza di molte malattie. Inoltre, soddisfa in modo equilibrato esigenze di salute e di palato.
La critica al proclama IARC, a nostro avviso, deve limitarsi a evidenziare le eventuali ricadute negative dell’allarme lanciato: il rischio, infatti, è che i più spaventati e sprovveduti si cimentino con diete vegetariane fai-da-te squilibrate dal punto di vista nutrizionale, con conseguenze rischiose per la salute. Quando si parla di modificazioni drastiche dello stile di vita è bene prendere in considerazione gli effetti sulla persona nella sua globalità e su tutte le malattie di cui si può fare prevenzione e non solo del cancro. Il vero salutismo, la vera chiave di volta della prevenzione è capire e far capire che dieta e stile di vita fanno la differenza, sempre.