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Membri autorevoli del terzo settore (l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer e la Fondazione Prada in rappresentanza dell’Italia) hanno lanciato in ottobre dal G7 della Salute di Ancona un appello ai leader mondiali affinché affrontino la crescente sfida globale dell’Alzheimer e della demenza, adottando le misure necessarie per garantire un accesso equo alle terapie e alle altre innovazioni disponibili.

Per quanto riguarda l’implicazione con le malattie cardiovascolari, sappiamo che l’ipertensione favorisce sia la demenza senile sia il morbo di Alzheimer. I danni che provoca agendo sulla placca ateromasica, quando questa si deposita nelle arterie carotidee e poi in quelle del cervello, vanno ben oltre le complicanze cardiovascolari e metaboliche, che già di per sé fanno scattare più di un campanello d’allarme per il rischio di ictus e di retinopatia diabetica, le patologie a cui tutti pensano quando si parla dei deficit da ipertensione a carico del cervello e degli altri organi della testa.

E se finora gli studi si limitavano ad evidenziare un rischio maggiore di ictus e retinopatia diabetica come concause dell’ipertensione trascurata, recenti studi hanno messo in evidenza e confermato che l’ipertensione rappresenta un rischio concreto di demenza per il cervello e di mortalità correlata.

Ma tornando all’Alzheimer, a oggi sono circa 55 milioni le persone in tutto il mondo che soffrono di questa malattia ed entro il 2050 il numero è destinato a triplicare. Una malattia che coinvolge direttamente anche familiari e caregiver, costretti a lasciare il lavoro per prestare assistenza e seguire i propri cari. Alzheimer e demenza incidono con dei costi diretti sull’economia globale. Si stimano 1.300 miliardi di dollari ogni anno ma il carico emotivo che si portano dietro è inestimabile. «Innumerevoli persone sono già morte lentamente a causa di queste malattie devastanti, e hanno segnato la vita di milioni di altre persone», viene ricordato in un comunicato stampa dell’evento. In questo documento viene ricordato altresì che la richiesta di trovare una terapia in grado di modificare il corso della malattia entro il 2025 fatta al Vertice G8 del 2013 ha posto le basi per la ricerca sull’Alzheimer. Oggi sarebbero disponibili e approvati negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Giappone, a Hong Kong, nella Corea del Sud, negli Emirati, in Israele e in Cina trattamenti innovativi per la malattia, tuttavia, queste terapie non sarebbero equamente accessibili neanche in questi Paesi, il che crea gravi lacune nonostante l’approvazione a livello normativo. Inoltre, molti pazienti e persone a rischio di sviluppare l’Alzheimer non hanno ancora accesso alle cure più recenti per il rilevamento del deterioramento cognitivo e la diagnosi. «L’insieme di questi fattori aggrava notevolmente le disparità sanitarie nel mondo» è il laconico commento posto a chiusura del paragrafo nel documento citato.

«La scienza e l’industria stanno iniziando a fornire terapie rivoluzionarie che modificano la malattia e altre sono in arrivo – ha dichiarato George Vradenburg, presidente fondatore del Davos Alzheimer’s Collaborative (DAC) – Ora dobbiamo fare in modo che queste innovazioni raggiungano le famiglie che ne hanno bisogno».

Il che è come dire che il mondo dipende dai Paesi del G7. Loro è l’impegno a guidare l’aumento degli investimenti nella ricerca e «a creare quadri politici e modelli di assistenza sanitaria per garantire che la diagnosi precoce e i trattamenti efficaci siano universalmente ed equamente disponibili in ogni Paese, sia per i ricchi che per i poveri».

Quanto all’Italia, l’Alzheimer è una malattia di notevole preoccupazione. Il Paese è il secondo al mondo con la popolazione più anziana e si stima che più di un terzo degli abitanti entro il 2050 avrà 65 anni o più. Ad oggi, ci sono più di 1 milione di persone affette da demenza, di cui 700.000 affette da Alzheimer, e il 44 % degli italiani dai 65 anni in su afferma che la memoria o altre perdite cognitive sono un problema importante per chi ne soffre.

«Il nostro ruolo nella risposta globale all’Alzheimer sarà significativo – ha dichiarato Alessandro Padovani, presidente della Società italiana di Neurologia – Considerati i nostri dati demografici di società super-invecchiata, il mondo ci osserverà da vicino mentre affrontiamo le sfide della demenza. Sarà fondamentale garantire che le innovazioni che migliorano e prolungano la vita delle persone affette da Alzheimer siano disponibili per tutti».

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