Bere fa male, bere tanto fa peggio. Lo si evince da ultimo da uno studio di recente pubblicazione su «JAMA Network Open». In questo studio, i ricercatori hanno utilizzato i dati di un database coreano (Korean National Health Insurance Service-Health Screening) per esaminare un campione rappresentativo di adulti di età compresa tra 40 e 79 anni.
I partecipanti arruolati erano oltre 21 mila (21.011) e tutti con livelli di consumo di alcol elevati; prevalentemente maschi (90,3%) con un’età media di 56 anni. Orbene, 14.220 di costoro hanno mantenuto le loro abitudini di forti bevitori, mentre 6.791 sono passati a livelli lievi o moderati nell’arco dei due periodi di follow-up considerati (2005-08 e 2009-12).
Gli indicatori clinici come l’indice di massa corporea (BMI), la pressione sanguigna e vari marcatori biochimici hanno mostrato differenze tra i gruppi. I forti bevitori generalmente presentavano parametri di salute più scarsi.
Nel corso dello studio, l’incidenza dei MACEs (major adverse cardiovascular events) è stata notevolmente più alta nel gruppo dei bevitori incalliti rispetto a coloro che hanno ridotto le dosi, con una significativa divergenza dei risultati nel tempo. In particolare, la riduzione del consumo di alcol è stata associata a un rischio inferiore del 23% di andare incontro a un MACE. Ossia, le riduzioni del consumo di alcol hanno ridotto significativamente il rischio di malattia coronarica, angina, ictus, ictus ischemico e mortalità per tutte le cause, mentre non sono stati osservati benefici per infarto miocardico non fatale e ictus emorragico.
Detta in un altro modo, i forti bevitori che hanno ridotto l’assunzione di alcol hanno dimostrato un rischio significativamente inferiore di eventi cardiovascolari maggiori nell’arco del decennio di follow-up, con notevoli miglioramenti della salute visibili tre anni dopo la riduzione.
Quindi, nonostante singoli studi rilevino che un leggero consumo di alcol riduca il rischio di ischemia (Mazzaglia et al. 2001), l’alcol aumenta un generalizzato rischio di MACEs. Di contro, se si smette di bere i benefici non sono immediati ma alla lunga arrivano anche per la salute di cuore e arterie.
In particolare, bere tanto aumenta il rischio di ictus sia ischemico che emorragico, con una risposta più elevata per quanto riguarda quello emorragico (secondo vari opuscoli curati dall’Istituto Superiore di Sanità).
Per l’ipertensione abbiamo già detto. L’alcol la favorisce, per lo più in misura proporzionale alla dose ingerita.
La fibrillazione atriale è la forma più comune di aritmia. Vi è la possibilità che il 5-10% di tutti i nuovi casi di fibrillazione atriale siano riconducibili al consumo eccessivo di alcol. La fibrillazione atriale correlata all’alcol è indotta da un consumo dannoso o episodico-eccessivo (binge drinking).
Se consumato durante i pasti in quantità moderate l’alcol produce effetti benefici ed è protettivo per il sistema cardiovascolare, superata la soglia di tolleranza gli effetti diventano solo dannosi. Significa che nelle giuste dosi l’alcol è raccomandabile anche per un astemio, dati i suoi effetti protettivi su cuore e arterie? Certamente no, è il punto di vista dei ricercatori in materia, che troviamo ben sintetizzato nei soliti opuscoli che l’Istituto Superiore di Sanità ha dedicato a questo argomento. “Da questo punto di vista oltre che da quello etico, nessun medico dovrebbe ‘prescrivere’ alcol per fini di prevenzione, pur in quantità moderate, ad un soggetto astemio – viene spiegato da ISS – Anche eventuali suggerimenti proposti dal medico al paziente non astemio e orientati all’uso di moderate quantità di alcol ai fini di una diminuzione del rischio di mortalità cardiovascolare (effetto evidenziato da numerosi studi epidemiologici) dovrebbero comunque essere sempre accompagnati da una informazione rigorosa riguardante i risultati di ulteriori studi epidemiologici che hanno dimostrato che alle stesse quantità moderate di alcol, indicate come potenzialmente ‘protettive’ per il cuore, corrisponde un aumentato rischio di cirrosi epatica, di cancro dell’esofago, di stroke emorragico, di mortalità per incidenti e di varie altre condizioni. È comunque opportuno sapere che gli effetti ‘protettivi’ di moderate quantità di alcol (1-2 bicchieri) sulle coronarie e ancor più la riduzione dei rischi per mortalità cardiovascolare sono più efficacemente raggiunti attraverso l’azione sui fattori di rischio di tali patologie e, specificamente, attraverso l’abolizione del fumo, la diminuzione del peso corporeo, la riduzione dei grassi alimentari, l’incremento dell’attività fisica e, non ultimo, l’uso dei farmaci specifici”.