Una recente revisione pubblicata su «Nature Reviews Cardiology» mette in guardia sui rischi cardiovascolari legati all’uso della cannabis, sfatando la percezione comune dell’innocuità di questa sostanza psicotropa, conosciuta più familiarmente con il nome di marijuana. Lo studio ricorda che il legame tra cannabinoidi (le sostanze attive) e malattie cardiovascolari, che in passato era limitato alle prove provenienti da studi preclinici (condotti su modelli animali o cellulari), case report (servono a segnalare eventi clinici unici o inaspettati) e serie di casi (raccolte di più casi clinici), è ora evidente negli studi epidemiologici (basati su campioni ampi di popolazione). Questa analisi fa la sua comparsa in un momento cruciale, con il consumo di cannabis in crescita a livello globale e un numero crescente di paesi che ne legalizzano l’uso.
La ricerca analizza sia la cannabis tradizionale che quella sintetica, esaminando come queste sostanze interagiscono con il sistema cardiovascolare. I risultati mostrano che la cannabis può avere effetti negativi significativi sulla salute del cuore, provocando complicazioni come cardiomiopatie, malattie cardiovascolari aterosclerotiche e aritmie. Inoltre, dato il ruolo della cannabis sull’umore e nel comportamento, il consumo eccessivo di cannabis non sarebbe estraneo a conseguenze come obesità, diabete di tipo 2, sindrome metabolica, ipertensione e dislipidemia.
La cannabis è stata una droga curativa e ricreativa popolare in Asia Centrale e Meridionale per migliaia di anni, ricordano gli autori dello studio, che aggiungono che in Occidente ha fatto la sua comparsa nel XIII e XIV secolo. Furono i movimenti proibizionisti globali del XX secolo a renderne illegale il consumo ma la Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope (1988) e l’uso compassionevole della cannabis medica come antidolorifico hanno gradualmente modificato l’opinione pubblica e governativa, con il risultato che ad oggi sono oltre 40 le nazioni in cui il consumo di marijuana per scopi medici è diventato legale. Secondo gli ultimi dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), il consumo di cannabis interessa circa 147 milioni di persone nel mondo (2,5% della popolazione) ed è in aumento anche a seguito delle recenti politiche di legalizzazione. Dieci nazioni, tra cui Canada, Paesi Bassi e Thailandia, hanno già legalizzato l’uso ricreativo, con un mercato che solo negli Stati Uniti genera 54 miliardi di dollari all’anno. In Italia, è ammesso l’uso della cannabis a scopo medicale (con regolare ricetta) mentre quello ricreativo è tollerato se non va oltre l’uso personale o modica quantità, ma se “beccati” a farsi uno spinello, si può incorrere in una sanzione amministrativa: possono dare una multa, sospendere la patente ecc.).
Particolarmente preoccupante è la diffusione dei cannabinoidi sintetici, noti come ‘K2’ o ‘Spice’, che risultano molto più potenti delle controparti naturali e possono causare gravi conseguenze, inclusi problemi respiratori, traumi neuropsichiatrici e, nei casi più gravi, morte.
Gli studiosi sottolineano la necessità di ulteriori ricerche rigorose per comprendere meglio gli effetti della cannabis sul sistema cardiovascolare, con l’obiettivo di informare adeguatamente sia i decisori politici che l’opinione pubblica sui potenziali rischi.