Gli effetti dell’olio di oliva sulla salute sono conosciuti fin dall’antichità in tutte le terre dove l’olivo è stato coltivato e venerato. L’olio, oltre che come prezioso ingrediente per la preparazione dei cibi, veniva proposto come vero e proprio principio medicamentoso: mescolato con varie sostanze, a seconda delle diverse indicazioni, entrava nella composizione di rimedi per uso sia interno (sciroppi, tisane, pozioni), che esterno (impacchi o impiastri). Qualcuno forse ricorderà che, nella parabola narrata nel Vangelo secondo Luca, il buon Samaritano, imbattutosi nel povero viandante derubato e malmenato dai briganti, “gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino”.
Nel mondo greco-romano uno dei primi a parlare del valore terapeutico dell’olio fu Ippocrate, leggendario padre della medicina, seguito da moltissimi altri, tra i quali Cicerone, Plinio il Vecchio e Galeno.
Come comunemente accadeva nel mondo antico, le proprietà strettamente medicinali venivano confuse con ipotetici poteri magici attribuiti alla pianta di olivo e al suo prodotto. L’unzione terapeutica e quella sacrale si sovrapponevano e si confondevano, così con l’olio si ungevano non soltanto i feriti, ma anche i defunti, gli atleti, i sacerdoti, i sovrani e gli eroi: ancora oggi, i cristiani ungono i battezzandi e i cresimandi, e i monarchici i re e le regine. Non a caso parlavo di venerazione, di culto addirittura religioso. I Greci facevano risalire l’origine della pianta di olivo alla rivalità tra la dea Atena e il dio Poseidone: per assicurarsi il predominio e la protezione dell’Attica, ciascuno dei due propose un dono agli uomini, e questi al cavallo presentato da Poseidone preferirono l’olivo offerto da Atena. La splendida pianta, che illumina la notte, medica le ferite, cura le malattie e offre prezioso nutrimento, donando benessere e pace a tutte le genti che la coltivano, divenne il simbolo della città che dalla dea Atena prese il nome.
Oggi non crediamo più alla magia, consideriamo con disincanto re ed eroi, abbiamo a disposizione farmaci e sistemi di illuminazione più efficienti, e dunque l’olio d’oliva conserva solo, accanto all’uso sacrale per coloro che praticano certe fedi, quello alimentare. E, quanto a quest’ultimo, in tempi recenti – diciamo a metà del secolo scorso – si era assistito ad un suo importante calo di popolarità: l’olio, si diceva, alla fin fine è un grasso, e i grassi fanno male, fanno ingrassare, accrescono il rischio di malattie del cuore e della circolazione.
Poi, nell’ultimo quarto del secolo, ecco un nuovo cambio di atteggiamento: l’olio di oliva è uno dei pilastri – insieme alle verdure, al pesce, alle carni bianche ed alle farine integrali – della dieta mediterranea, proposta in alternativa a quella praticata nel nord Europa e negli Stati Uniti, ricca di carni rosse e grassi di origine animale. Ormai è stato ampiamente dimostrato che chi segue la dieta mediterranea vede ridotto non solo il rischio di malattie circolatorie, cardiovascolari e cerebrovascolari, ma anche di diabete di tipo 2, obesità e molte forme di cancro.
Certo, l’olio d’oliva è un grasso, ma costituito principalmente da acidi grassi insaturi a catena lunga (quelli che contribuiscono a costituire il “grasso buono” nel nostro organismo), ed in particolare circa il 62% di acido oleico, 15% di acido linoleico, il 15% di acido palmitico. Contiene inoltre una frazione insaponificabile che va dall’1 al 2 % e che gli fornisce una significativa concentrazione di ingredienti attivi antiossidanti tra cui: composti fenolici, clorofilla, vitamina E, fitosteroli con azione riparatoria e antinfiammatoria. Peraltro, la diversa dose di questi ultimi componenti è quella che contribuisce a dare i diversi e caratteristici profumi alle differenti qualità di oli d’oliva.
Dal 16 novembre del 2010 l’olio è Patrimonio Culturale dell’Umanità – UNESCO. L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) e la Food and Drug Administration degli Stati Uniti consentono e consigliano di apporre sulle bottiglie di olio extravergine d’oliva etichette che riportano “dichiarazioni sulla salute qualificata”, del tipo “Le attuali evidenze scientifiche suggeriscono che il consumo giornaliero di circa 1,5 cucchiai di oli contenenti alti livelli di acido oleico può ridurre il rischio di malattie cardio-vascolari”.
Ovviamente, non bisogna esagerare. Come scrivevo su queste stesse pagine qualche tempo fa a proposito del consumo di vino, Paracelso, noto medico e alchimista svizzero vissuto nel periodo rinascimentale, ci insegna che è la dose che fa il veleno.
Nel 2022 sono stati riportati i risultati di un’ampia metanalisi, cioè un lavoro di revisione degli studi scientifici pubblicati sull’argomento, che raccoglievano dati relativi a più di 800 mila soggetti, il cui consumo giornaliero di olio d’oliva veniva misurato più che altro in base a questionari sulle abitudini alimentari: si è registrata una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari del 16% per ogni incremento del consumo di olio d’oliva di 25 g al giorno.
Dunque, utilizziamo senza paura, meglio naturalmente se a crudo, un buon olio d’oliva ogni giorno sui nostri piatti: ne beneficeranno il gusto e la salute.