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di Cristina Sampiero

Il diabete è una malattia cronica e chi ne soffre deve porre particolare attenzione a una serie di sintomi spesso sottovalutati e classificati come effetti collaterali dell’età o sintomi generici quali astenia, irritabilità, difficoltà a concentrarsi, ansia immotivata che invece possono essere segni di un inizio di patologia cardiaca

Il diabete è una malattia cronica, caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia), dovuta a un’alterata quantità o attività dell’insulina (l’ormone secreto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica).
Molto spesso i diabetici di tipo 2 (non insulino dipendenti) sono anche ipertesi, sedentari, e hanno il colesterolo alto; la concomitanza di questi fattori aumenta esponenzialmente il rischio cardiovascolare.
Le complicanze più diffuse tra i diabetici sono le malattie dell’apparato cardiocircolatorio, conseguenti essenzialmente al fatto che il diabete accelera i processi di aterosclerosi a causa degli effetti deleteri dell’iperglicemia cronica; un diabetico ha segni di aterosclerosi molto più avanzati rispetto a un suo coetaneo non diabetico.
Col tempo il diabete disturba la coagulazione del sangue, favorendo l’aggregazione piastrinica e aumentando le probabilità che si formino trombi e si generino eventi cardiovascolari acuti come infarto e ictus.
Chi soffre di diabete deve porre particolare attenzione a una serie di sintomi spesso sottovalutati e classificati come effetti collaterali dell’età o sintomi generici quali facile stancabilità, irritabilità, difficoltà a concentrarsi, ansia immotivata che invece possono essere segni di un inizio di patologia cardiaca.
A salvaguardia del cuore le persone diabetiche, a maggior ragione ma anche chi diabetico non è, devono lavorare per innescare dei comportamenti virtuosi che tendano a limitare i danni al cuore:
il primo obiettivo da raggiungere è quello di avere un buon compenso glicemico, cioè tenere la glicemia il più possibile sotto il proprio controllo.
L’esercizio fisico regolare è assolutamente importante; associare a una buona terapia del diabete l’attività fisica contribuisce a tenere sotto controllo il rischio, favorendo anche il controllo di pressione e colesterolo alti. Altrettanto importante è, ovviamente, la dieta. Dieta e attività fisica depotenziano i principali fattori di rischio. L’attività fisica prevede esercizio per tre quarti d’ora, almeno tre volte a settimana e non ci sono scuse perché non c’è bisogno di spendere delle fortune in palestra, può essere sufficiente una passeggiata a passo sostenuto.
Per quanto riguarda invece l’alimentazione, l’era delle restrizioni severe è finita, anche se resta sempre valido il motto “di tutto di meno” e devono essere adottati alcuni accorgimenti che, in ogni caso, permettono di nutrirsi in modo corretto e gustoso ma tenendo a bada la glicemia, imparando alcune regole per cucinare in modo più sano. La cosa semplice e fondamentale da capire fin da subito è che per fronteggiare il diabete e limitare i suoi effetti collaterali, che possono essere davvero perniciosi, è necessario cambiare le abitudini alimentari per tutta la vita. Sì, avete letto bene, per tutta la vita. Inizialmente l’idea può essere destabilizzante e faticosa da accettare ma visto che in questa patologia le scelte alimentari fanno la differenza in modo importante, per digerire questa “novità”, bisogna cambiare prospettiva e viverla come scelta volontaria e non come una sfortuna. Fare il salto è facile, basta cambiare il modo di pensare e comprendere che questo evento ci dà l’opportunità per cambiare in meglio la nostra alimentazione. Sarà divertente rivisitare i propri menù abituali e inserire nuovi alimenti per toglierne altri, sarà sorprendente scoprire come certi cibi che non abbiamo mai preso in considerazione siano buoni e interessanti e sarà facile sorprendere noi stessi a chiederci quanto sia migliorata la nostra vita con piccoli accorgimenti.
Un primo e importante suggerimento è quello di imparare a distinguere gli alimenti in base all’indice glicemico; questo parametro indica quanto velocemente il glucosio presente nei cibi viene assorbito dal sangue. Quando mangiamo, il glucosio nel sangue aumenta progressivamente man mano che gli amidi e gli zuccheri vengono assimilati e sono quindi da prediligere i cibi con indice glicemico più basso.
L’aumento della glicemia cambia a seconda dell’alimento e del tipo di nutrienti che contiene, dalla quantità di fibra e dalla composizione degli altri cibi già presenti nello stomaco e nell’intestino.
L’indice glicemico è sì influenzato dalla composizione degli alimenti, ma anche dai metodi di cottura che devono anch’essi essere scelti con cura.
Scegliere con cura i cibi giusti è fondamentale, vediamo perché.
• Il consumo quotidiano di fibre, di cui i cereali integrali sono ricchi, permette di gestire al meglio l’insulino-resistenza; durante la digestione, infatti, le fibre si legano temporaneamente al glucosio, rallentandone l’assimilazione e quindi la risposta glicemica.
• Fagioli, ceci e lenticchie rappresentano la fonte per eccellenza di carboidrati complessi a basso indice glicemico, grazie al loro elevato contenuto di fibre solubili.
• L’indice glicemico della pasta cresce al crescere del tempo di cottura, pertanto è meglio scolarla al dente e preferire gli spaghetti poiché la lavorazione della pasta lunga favorisce la cristallizzazione dell’amido, che si traduce in tempi di digestione più lunghi e di conseguenza allunga anche i tempi di assimilazione. I formati corti, come fusilli e penne, hanno un indice glicemico maggiore.
• Il riso ha un indice glicemico più alto della pasta ed è meglio limitarlo e preferire un’insalata di riso che un risotto caldo poiché riso, pasta e patate, se mangiati freddi, hanno un indice glicemico ridotto grazie alla retrogradazione degli amidi cotti (col raffreddamento gli amidi tendono a tornare allo stato pre cottura abbassando, di fatto, l’indice glicemico).
• Qualunque ricetta che aggiunga alimenti ricchi di fibre ai carboidrati riduce l’indice glicemico complessivo del pasto e aggiungere proteine o grassi ai carboidrati lo tiene sotto controllo. Sono quindi da privilegiare le ricette che associano le verdure, i legumi o il pesce a pasta, patate e riso e, in quest’ottica, il piatto unico la fa da padrone.
• Il pane è da limitare, preferendo sempre quello integrale. Un trucco per abbassarne l’indice glicemico è abbrustolirne le fette o mangiare il pane raffermo.
• L’olio extravergine d’oliva a crudo è il più sano tra i condimenti e abbassa l’indice glicemico complessivo del pasto, come tutti i grassi.
• L’aceto riduce i livelli di zucchero nel sangue, soprattutto in associazione ai cibi a più alto indice glicemico, come patate, zucca oppure pane.
• Meglio evitare i frutti più dolci come fichi, cachi e banane e, preferire quelli un po’ più acerbi che hanno un indice glicemico minore.
• Un piccolo dolce ogni tanto è concesso, ma sempre a fine pasto perché così l’assorbimento è rallentato dalla presenza degli altri nutrienti già consumati.
• Zucchero e miele hanno un indice glicemico molto alto e sono quindi da ridurre o, meglio, eliminare del tutto, insieme a bibite e succhi di frutta che sono anch’essi ricchi di carboidrati rapidamente assorbibili.

Almeno i primi tempi è consigliabile l’aiuto di un professionista, che aiuti a definire un piano dietetico e a comprendere i grandi benefici del cambiamento a fronte di qualche rinuncia.
Ogni persona, infatti, ha esigenze differenti in base al proprio fisico e al proprio stile di vita ma tutti possiamo migliorare la qualità di vita esponendoci a rischi significativamente minori con una prevenzione cardiovascolare attiva perché, se è vero che alcune cose non dipendono dal nostro volere, è altrettanto vero che mangiare meglio si può ed è un dovere di tutti.

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