In un libro a carattere divulgativo sulla dieta degli ipertesi che alcuni ricercatori della Harvard Medical School di Boston, Massachusetts (USA), hanno messo a punto, i principi alimentari di base sono tre. Innanzitutto una dieta antipertensiva deve essere a basso contenuto calorico e deve fare a meno del sale aggiunto negli alimenti. In second’ordine, deve aumentare significativamente i cibi freschi, riducendo al minimo i termini di elaborazione culinaria, e soprattutto – terzo punto – preparando cibi a base di vegetali, in quanto questi ultimi sono ricchi di potassio (frutta e verdura) e magnesio (cereali integrali e legumi).
Il potassio è un minerale che svolge un ruolo primario nella regolazione dei meccanismi che portano alla contrazione e alla dilatazione delle fibre muscolari, comprese quelle minuscole che si trovano nella parete dei vasi sanguigni e che possono influenzare la pressione arteriosa. Mentre il magnesio stimola l’azione di alcuni agenti vasodilatatori che abbassano la pressione, oltre a condizionare positivamente il modo in cui l’organismo risponde ad alcune sostanze vasoattive.
Tuttavia, considerando che l’ipertensione – insieme al diabete – è una delle malattie metaboliche che aumenta maggiormente il rischio di complicanze cardiovascolari (infarto coronarico, ictus cerebrale, ecc.), i ricercatori insistono anche sulle seguenti avvertenze nutrizionali. Aumentare il consumo di fibre, se carente. Le fibre sono importanti perché svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione del transito intestinale; aiutano a muovere le feci attraverso il colon e prevengono la stitichezza. Inoltre, un consumo adeguato di fibre favorisce il mantenimento della pressione sanguigna nei limiti, migliora la risposta dei tessuti all’insulina (evitando così i picchi di glicemia) e riduce i livelli di colesterolo nel sangue (totale e Ldl).
Altra regola, ridurre igrassi saturi o idrogenati se in eccesso, insieme al colesterolo alimentare. È noto che l’apporto di acidi grassi saturi determina un innalzamento dei livelli di colesterolo-LDL, che tende a depositarsi sulle pareti delle arterie. In questo modo diventa la causa del restringimento delle arterie con conseguenze negative per la circolazione del sangue e, di riflesso, per la pressione arteriosa. Ultimo ma non per importanza, è doveroso ridurre i valori della glicemia se eccedente, con particolare riguardo alla riduzione dei picchi glicemici post-prandiali. La glicemia alta è uno dei fattori scatenanti, aggravanti dell’ipertensione che accelera il danno sulle arterie e il cuore. Lo zucchero rimane in circolo nel sangue e causa un accumulo di tessuto adiposo e innalza il colesterolo.
Riassumendo, da un punto di vista pratico, la dieta per l’ipertensione deve rispettare alcune scelte alimentari che si rifanno ai principi di prevenzione e di salute dietetico-nutrizionale. Citiamone alcuni e commentiamoli.
Abolizione del sale aggiunto. A tacer d’altro, è dimostrato che elevati apporti di sodio (che è contenuto nel sale) aumentano il rischio di alcune malattie cardiache, dei vasi sanguigni e dei reni, sia attraverso l’aumento della pressione arteriosa sia indipendentemente da questo meccanismo.
Abolizione degli insaccati, delle carni salate e di tutte le carni o pesci conservati in salamoia in quanto la presenza di sale aggiunto in questi alimenti è talmente evidente che non serve dire di più. Abolizione dei formaggi stagionati (ad eccezione ma senza esagerare di quello grattugiato sulla pasta). In buona sostanza, i formaggi stagionati, gli insaccati, le carni salate e il pesce in salamoia sono da eliminare o ridurre a un consumo occasionale, al pari della componente glucidica, poiché i dolci provocano l’insorgenza degli associati picchi glicemici.
In alternativa si raccomanda di utilizzare il sale integrale e iodato, di bere almeno 1 ml/acqua per kcal/alimento derivato da acque minerali a basso contenuto di sodio. E, anche se non si tratta di cibo, seppure entrambi connessi a piaceri collaterali della tavola, ovvero fumare e bere, il consiglio, o forse dovremmo dire l’imperativo categorico dei nostri esperti è quello di non fumare (o ridurre molto) e, del pari, non bere alcolici (o ridurli molto). Del perché fumo e alcol facciamo male alla pressione arteriosa è presto detto. Il fumo danneggia la parete interna dei vasi sanguigni, favorisce la vasocostrizione o gli spasmi delle arterie, accresce la probabilità di sviluppare placche ostruttive e trombi nei vasi sanguigni.
L’alcol, oltre a favorire un aumento dei livelli di trigliceridi nel sangue, che a sua volta porta a ipertensione e danni cardiovascolari, si associa a un incremento della pressione arteriosa sia nei maschi che nelle femmine.