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Abbott, un’azienda leader nel settore salute, presente in oltre 160 Paesi, ha da poco ultimato una ricerca di mercato finalizzata a fare chiarezza sul modo in cui vengono approcciate le malattie vascolari nell’opinione dei pazienti, dei medici e degli operatori sanitari. La ricerca prende il nome di Beyond Intervention e si basa su delle interviste effettuate a un campione di  1800 persone, tra cui 1.289 pazienti con malattie vascolari, 408 medici e 173 amministratori sanitari nel corso del 2021. Gli intervistati rappresentano 13 paesi: Australia, Brasile, Canada, Cina, Germania, India, Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Arabia Saudita, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. «La survey Beyond Intervention mostra che pazienti, medici e amministratori sanitari indicano che un maggior utilizzo di tecnologie innovative e personalizzate potrebbe fare molto nella transizione verso un’assistenza più incentrata sul paziente – ha affermato Giovanna Baldo, General Manager, Abbott Vascular – e colmare i gap nell’assistenza cardiovascolare, in particolare nella malattia arteriosa periferica».
In base a questa survey, solo 4 pazienti su 10 sono soddisfatti di come è stata effettuata la diagnosi della loro malattia arteriosa periferica e la metà riconosce di aver sottovalutato la sintomatologia e i campanelli di allarme. Per quanto riguarda l’Italia, l’81% degli operatori sanitari italiani intervistati pensa che la maggiore barriera per una diagnosi accurata sia la scarsa consapevolezza del paziente sui sintomi. Anche la metà(51%) dei pazienti riconosce di aver sottovalutato la propria sintomatologia e i campanelli di allarme.
La malattia arteriosa periferica è una patologia cronica del sistema circolatorio caratterizzata dalla riduzione dell’afflusso di sangue alle arterie degli arti superiori e soprattutto degli arti inferiori. Se non trattata, può arrivare a provocare l’amputazione degli arti e talvolta la morte. Si stima che siano circa 200 milioni le persone nel mondo con arteriopatia periferica.
Come ricorda una scheda che appare sul sito dell’Humanitas di Milano, il sintomo più caratteristico dell’arteriopatia periferica è laclaudicatio intermittens, ovvero un dolore muscolare avvertito nelle gambe o nelle braccia durante lo svolgimento di diverse attività come camminare, sebbene il male avvertito scompaia dopo pochi minuti di riposo.
La localizzazione del dolore dipende dalla posizione della arteria ostruita o ristretta. Nel caso dell’arteriopatia periferica che interessa le gambe il dolore al livello del polpaccio è quello più comune. La gravità della claudicatio intermittens varia ampiamente, può andare da un leggero fastidio al dolore debilitante. Altri sintomi sono il raffreddamento, l’intorpidimento e/o la debolezza dell’arto colpito, un cambiamento di colore, la pelle translucida, talora accompagnata da un diradamento pilifero.
L’innovazione tecnologica potrebbe dare una svolta. «Occorre destinare risorse alla tecnologia e all’innovazione – ha commentato il Prof. Giovanni Esposito, Presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica GISE– sfruttando in maniera appropriata le opzioni diagnostico-terapeutiche non invasive oggi disponibili, riportando a casa un paziente più sano e in tempi più brevi, come ad esempio dispositivi tecnologici per la telemedicina, strumenti avanzati per l’imaging e tecnologie diagnostiche che incorporano l’intelligenza artificiale e l’analisi dei big data. La Società Italiana di Cardiologia Interventistica sostiene con convinzione l’adozione dell’innovazione tecnologica nella pratica clinica e la necessità di ridurre le disomogeneità di accesso tuttora esistenti».
La mancanza di tecnologie diagnostiche moderne sembra essere un problema rilevante per quasi la metà (48%) dei medici italiani intervistati, un dato significativamente superiore alla media globale (26%). In questo caso, gli amministratori sanitari si dichiarano più ottimisti: solo il 20% ritiene che la mancanza di tecnologie standardizzate sia un ostacolo alla diagnosi. Mentre per i pazienti quello che manca è il confronto. Un paziente italiano su quattro sente che i propri medici non comunicano abbastanza fra di loro, così come circa la metà dei medici italiani (44%) e degli amministratori sanitari (55%) intervistati ritiene insufficiente il coordinamento tra specialisti e medici di base.

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