Secondo i ricercatori dell’Università Urban-Campaign dell’Illinois, il consumo di avocado riduce il grasso viscerale negli obesi e nelle persone in sovrappeso, dando prova di essere ancora più efficace nelle donne. È quanto si deduce dai risultati dello studio in doppio cieco condotto su una platea di un centinaio di candidati, metà dei quali è stata invitata a consumare un avocado al giorno per dodici settimane. Al pari del gruppo di controllo, i consumatori di avocado avevano assunto l’impegno di non superare l’apporto calorico prestabilito per la dieta giornaliera. Solo così – a parere dei ricercatori dell’Illinois – era possibile isolare gli effetti sull’organismo di questo frutto esotico, prodotto esclusivo del Sud America e dei Caraibi. Lo studio è apparso in aprile di quest’anno su «The Journal of Nutrition», rivista in cui osservano la buona pratica di accettare solo articoli che siano stati preventivamente approvati da ricercatori diversi dagli autori. Tuttavia, un grosso limite lo studio lo aveva già in partenza, in quanto finanziato dalla lobby che negli Stati Uniti si occupa di importare e commercializzare l’avocado. Solo l’avocado. Dal che si capisce che il mercato di questo frutto deve valere parecchio. Stiamo parlando della Hass Avocado Board (HAB), uno dei protagonisti in un segmento di mercato che, secondo l’Agricultural 2021-2030 Outlook pubblicato dalla FAO, potrebbe portare l’avocado a essere il frutto tropicale più venduto al mondo. In questo modo il valore dell’export globale di avocado raggiungerebbe gli 8,3 miliardi di dollari annui, stando a un articolo apparso sul Corriere Ortofrutticolo in data 3 agosto 2021. Tutto questo per dire che il disegno di marketing che si intravede alle spalle, e che spinge a fare dell’avocado un “superfood” che funziona meglio di una medicina, è una cosa, mentre le prove scientifiche a suo carico sono un’altra. Nessuno nega che l’avocado sia un frutto dalle molte proprietà. Per esempio, è ricco di potassio, il quale svolge un ruolo importante contro l’ipertensione, ma l’avocado ha anche proprietà che possono ridurre l’effetto anticoagulante, ragione per cui – a detta di una scheda che appare sul sito di Humanitas – chi assume il warfarin dovrebbe consultarsi con il proprio medico prima di consumare avocado come gli pare. Nella stessa scheda viene ricordato che l’avocado, al pari o forse un po’ di più di qualsiasi altro frutto, è ricco di grassi mono-insaturi capaci di ridurre il colesterolo cattivo. Ma da qui a dire che un alimento come l’avocado, che ha più calorie di molti altri frutti, possa ridurre il grasso viscerale per effetto dell’alterazione che scatena nei batteri intestinali, forse ce ne corre. Quanto meno, servirebbero prove più solide di quelle offerte da uno studio basato soltanto su un centinaio di persone.
Sui limiti di questo studio si è espressa la nota nutrizionista americana Marion Nestle nel suo blog. Per prima cosa, se la prende con l’aggressivo disegno di marketing degli sponsor… pardon dei finanziatori; e date le più che rosee previsioni di mercato, capiamo bene da che spinte commerciali quelli di HAB siano mossi. Seconda cosa, citando il libro sull’avocado di uno suo collaboratore, ricorda che, laddove questo frutto viene coltivato, è diventato persino troppo caro per il consumo interno. Sarà per questa ragione, o anche per questa ragione, se il Messico, che è il maggior esportatore di avocado al mondo, ha un tasso di obesità fra i suoi abitanti altrettanto da primato. Certo, come ricorda una scheda di Wikipedia sull’obesità nel Paese di Pancho Villa, l’obesità in Messico è relativamente recente, e coincide con l’introduzione nella dieta dei cibi preparati, specie se accompagnati da bevande zuccherate. Ma anche il minor accesso a frutta e verdura, a causa dell’aumento dei costi al dettaglio, ha indotto molti messicani a optare per il “cibo spazzatura”, che a conti fatti rimane il più economico e, va da sé, il più dannoso per la salute.
Quindi quella che l’avocado ridurrebbe il grasso viscerale è una fake news? Nelle semplificazioni giornalistiche che ne sono seguite – probabilmente sapientemente orchestrate dalle stesse sapienti manine – viene scritto che l’avocado può… provocare gli effetti ricordati nello studio. “Può” e “Non può”, sottolinea Marion Nestle. Nel senso che se non è detto, se non è sicuro, può benissimo valere anche il contrario.
Personalmente crediamo che il consumo di frutta e verdura di stagione e possibilmente a chilometro zero siano ancora i migliori parametri su cui basare le nostre scelte, visto che, come non manca di sottolineare la nota studiosa americana, tutti i vegetali sono ottimi per la salute, avocado compreso. Tuttavia, vivendo in una società globalizzata, non c’è affatto da stupirsi se c’è chi alle pesche della Romagna preferisca l’avocado del Cile. Se così è, che costui faccia la sua scelta senza problemi, suggerisce Marion Nestle, che tanto, finché si tratta di vegetali, fanno tutti bene allo stesso modo. Sono tutti superfood.
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