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Uno studio italiano apparso di recente sulla rivista «Nutrients», più specificamente un lavoro di revisione che ha passato in rassegna la letteratura scientifica contenente le parole chiave alcol, etanolo e ipertensione arteriosa, per investigare quale fosse l’influenza di birra, vino e superalcolici su quello che viene considerato il sintomo più pericoloso per la malattia cardiovascolare, ovvero l’ipertensione arteriosa. A detta degli studiosi che vi hanno preso parte, chi del Centro Ipertensione arteriosa, Dipartimento di Medicina dell’Università di Udine e chi del Dipartimento di Medicina di Precisione e Rigenerativa dell’università di Bari, superare le tre dosi di alcolici al giorno, ovvero una quantità di alcol maggiore a 30 grammi, aumenta il rischio di ipertensione in modo significativo e dose-dipendente.

Da ricordare che la dose standard (quella di un birra da 33 cc, di un bicchiere di vino o di un bicchierino di superalcolico) contiene 10 grammi di alcol. E che i consumatori sono invitati a non superare la singola unità se donne, le due unità se uomini, a causa della differenza di complessione fisica di genere, per mantenersi entro un limite di sicurezza. Inoltre, che l’eccesso di alcol può contribuire allo sviluppo di danni cardiaci correlati all’ipertensione indipendentemente da essa. Nel senso che può approdare alla stesse fenomenologia degenerativa: dall’infarto all’ictus, dall’ipertrofia del ventricolo sinistro alla fibrillazione atriale, senza per forza avere un riscontro preventivo in termini di ipertensione arteriosa.

Per i nutrizionisti che invocano il “paradosso francese” per scantonare il problema, ovvero che secondo alcuni studi condotti in Francia, fra i consumatori di vino rosso vi sarebbe un impatto delle malattie cardiache più basso che altrove, in ragione dei polifenoli dagli effetti antiossidanti, antinfiammatori e cito protettori (che proteggono la mucosa gastrica, n.d.r.) ivi contenuti, ricordano che queste affermazioni benevole derivano da studi che non sono stati condotti in maniera ineccepibile. Laddove gli effetti del vino rosso son stati eseguiti mischiando le carte fra le persone arruolate, ovvero senza conoscere in anticipo le varianti genetiche di appartenenza fra i gruppi di dose e quelli di controllo, i risultati ottenuti sono sovrapponibili a quelli che vengono fatti altrove, per i quali il vino rosso agisce, al pari degli altri alcolici, sulle conseguenze patologiche acclarate, nessuna esclusa, da quelle cardiovascolari a quelle oncologiche, dall’obesità al diabete e al rischio connesso alla perdita di lucidità mentale alla base di molti incidenti, specie stradali. 

Lo stesso vale per il potere vasodilatatore dell’alcol, che a prima vista sembra in contrasto con quello vasocostrittore tipico dell’ipertensione, una conseguenza dell’ispessimento e indurimento del tessuto dei vasi sanguigni che si presenta a causa dell’ipertensione. A detta degli studiosi italiani, non vi è nessuna stranezza. L’alcol di primo acchito ha effetto vasodilatatore e la pressione arteriosa nelle prime ore che seguono l’assunzione di alcolici tende a decrescere di qualche unità, salvo poi aumentare, a partire dalla 13° ora, e stabilizzarsi ai valori più alti qualora l’assunzione di alcol venga osservata anche nei giorni a seguire. Per questa ragione si parla di effetto bifasico dell’alcol, che prima vasodilata e fa diminuire la pressione (specie la sistolica) ma poi vasocostringe, facendo salire la pressione arteriosa: un incremento di 2,4 mmHg con un’accelerazione significativa della frequenza cardiaca che affaccia uno stato di rischio cardiovascolare in grado di protrarsi fino a 24 ore dopo la prima bevuta.

Da notare che l’ipertensione sta segnando un aumento in termini di prevalenza in tutte le società occidentali a causa dell’aumento dell’età media della popolazione, per via della maggiore prevalenza di modelli alimentari scorretti e per la connessione con altri fattori legati allo stile di vita. Pertanto, tutti i potenziali interventi finalizzati a favorire la perdita di peso corporeo, a stimolare uno stile di vita meno sedentario, a introdurre modifiche appropriate nella diminuzione di sale nel cibo, del fumo e del consumo eccessivo di alcol sono tutte degne di attenzione e condivisibili.

Intanto, in ambito europeo ferve il dibattito se equiparare l’alcol ai più noti fattori di rischio per la salute, introducendo sulle etichette delle bottiglie degli warnings che rimandano a un consumo consapevole, ma la strada per approdare a queste conquiste di “civiltà” è ancora irta di ostacoli frapposti dagli interessi lobbistici dei paesi produttori ed esportatori, Italia in testa.

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One thought on “Più che buon sangue, l’alcol fa salire la pressione

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