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C’è un dato del Rapporto Gimbe 2023 sui malanni del SSN sul quale è doveroso porre l’accento per chi come noi ha a cuore la prevenzione, nel nostro caso cardiovascolare. Ovvero che la “sorella povera” del SSN, per usare le stessa espressione che il presidente Gimbe Nino Cartabellotta ha utilizzato durante la presentazione ufficiale (8 ottobre) del Rapporto annuale, gode già di una quota minima del finanziamento del SSN, essendo pari a un “misero” 6%. Pertanto, ogni ulteriore decurtazione dei fondi a bilancio, come sta avvenendo annualmente, rappresenta «un’ulteriore spia del sotto-finanziamento che costringe Regioni e Aziende sanitarie a sottrarre risorse ad un settore sì fondamentale, ma considerato differibile». Se la prevenzione è differibile, quello che non lo è sono i costi ingenti per la salute negli anni successivi, che documentano la miopia dei tagli di breve periodo. Meno soldi per la prevenzione significa minor disponibilità degli esami di valutazione dei parametri di controllo del paziente cardiovascolare. Significa meno risorse per fare un elettrocardiogramma o un esame dei tronchi sovra-aortici grazie al quale è possibile valutare la pervietà delle arterie di quel distretto umano specifico. Significa meno disponibilità a prendere in carico patologie  del metabolismo come sovrappeso e obesità, che tanto sconfinano con una condizione umana che non impedisce alle persone di essere comunque attive e lavorare. Significa soprattutto lasciare che i problemi cogenti, lo spettro della malattia, l’infarto o l’ictus per citare le conseguenze più prossime di questi esami mancati, colpiscano anticipatamente nella popolazione, facendo lievitare i costi di gestione medico sanitaria e assistenziale. In questo modo, quello che si è risparmiato facendo meno prevenzione, diventa un costo maggiorato in termini di cura.

E ancora, la crisi motivazionale del personale che abbandona il SSN; il boom della spesa a carico delle famiglie (+10,3%); quasi 4,5 milioni di persone che nel 2023 hanno rinunciato alle cure, di cui 2,5 milioni per motivi economici; le inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali; la migrazione sanitaria e i disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui pronto soccorso affollati «dimostrano – secondo Cartabellotta – che la tenuta del SSN è prossima al punto di non ritorno, che i princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno e nelle aree interne e disagiate».

Ecco perché, d’accordo con GIMBE, il Sistema Sanitario Nazionale va rilanciato. I 13 punti che Gimbe individua rappresentato il miglior viatico per questo “malato moribondo”.

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