Il Natale fa male al cuore: una frase che a volte si sente pronunciare a ridosso delle festività natalizie e che fa pensare a persone che non amano lo scintillio natalizio o l’aspettare la fine di un anno e l’inizio di quello nuovo. In realtà questa massima si riferisce al fatto, come sottolineato dall’American Hearth Association in numerose pubblicazioni, che tra Natale e Capodanno si registra effettivamente un aumento del numero di decessi provocati da attacco cardiaco.
Nel 1978 un gruppo di ricercatori evidenziò, in uno studio pubblicato sull’«American Hearth Journal», che in corrispondenza di un consumo elevato di alcol come quello che si poteva registrare nel periodo fra Natale e Capodanno, si verificavano più casi di fibrillazione atriale. Un consumo eccessivo di alcol funge da innesco per la comparsa di fibrillazione con effetti diversi a seconda della quantità di alcol assunto e della fatica che l’organismo impiega per smaltirlo. Nello studio del 1978 sono stati incluse 24 persone ricoverate a causa di fibrillazione atriale in seguito ad “avvelenamento” da alcol. Di solito l’aritmia si rileva subito dopo il consumo eccessivo, ma a volte l’anomalia può presentarsi anche dopo 36 ore. Un consumo acuto di alcol, infatti, può determinare una riduzione della variabilità della frequenza cardiaca a breve termine con un aumento del rapporto tra componenti a bassa e alta frequenza, ma anche uno stato di sovraeccitazione cardiaca che può perdurare per 24 ore dopo l’intossicazione e che potrebbe spiegare perché, in alcuni casi, la fibrillazione atriale può manifestarsi anche il giorno seguente. Più di recente, in uno studio apparso sulla rivista European Heart Journal ad ottobre 2024, gli autori si sono preoccupati di stabilire il tipo di connessione fra lo sviluppo di aritmie cardiache, compresa la fibrillazione atriale, in giovani adulti sani consumatori di alcol in maniera compulsiva, ovvero soddisfacenti i criteri di binge drinking. Per binge drinking s’intende un consumo di alcolici e superalcolici pari a sei o più bicchieri in una sola occasione. Non guasta ricordare che la fibrillazione atriale è la forma di aritmia più diffusa nella popolazione generale e la sua prevalenza tende a crescere con l’avanzare dell’età. La maggior parte dei pazienti che ne soffre, infatti, ha più di 65 anni, con un maggior coinvolgimento degli uomini rispetto alle donne. Nello studio in questione sono stati inclusi 202 giovani volontari nei quali è stato possibile riscontrare un picco di concentrazione alcolica nel respiro di almeno 1,2 g/pro Kg dopo l’assunzione di alcol. Per i ragazzi così reclutati si è passati a valutare la presenza di extrasistolia atriale e ventricolare, l’eventuale variabilità della frequenza cardiaca e l’insorgenza di tachicardia atriale. Il periodo di monitoraggio è stato suddiviso in baseline (tempo 0), periodo di consumo acuto di alcol (1-5 ore), periodo di recupero (6-19 ore) e due periodi di controllo a 24h ciascuno.
Ecco come gli autori dello studio hanno definito i risultati: «L’analisi della variabilità ritmica ha indicato una modulazione autonoma con attivazione simpatica durante il consumo di alcol e il successivo “periodo di recupero”, seguito da una predominanza parasimpatica in seguito. Le extrasistoli atriali si sono verificate in modo significativamente più frequente nei “periodi di controllo”, mentre quelle ventricolari erano più frequenti nel “periodo di bevute”. Dieci partecipanti (5,2%) hanno sperimentato episodi aritmici degni di nota, tra cui fibrillazione atriale e tachicardie ventricolari non sostenute, principalmente durante il “periodo di recupero”». Secondo questo studio, in pratica, esiste un’evidente relazione fra consumo eccessivo di alcol e insorgenza di fibrillazione atriale. Tale aritmia potrebbe essere mediata anche da effetti di tipo autonomico, oltre che ad un rimodellamento elettrico a livello atriale, «con un accorciamento del periodo refrattario effettivo e un rallentamento della conduzione intra-atriale».
È bene ricordare che la fibrillazione atriale spesso non dà sintomi: svilupparla, anche a seguito di un consumo eccessivo di alcol non significa necessariamente percepirla; nella maggior parte dei casi si rileva solo sottoponendosi a un elettrocardiogramma. In altri casi, invece, può produrre palpitazioni cardiache, dolore al petto, mancanza di respiro, stanchezza, mancamento. Gli studi a disposizione dicono che l’alcol rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo della condizione, ma avvertono anche non sono solo gli eccessi occasionali a essere pericolosi. La comparsa di questa aritmia, infatti, può colpire anche chi non beve quasi mai, in seguito a un solo episodio di binge drinking, anche se maggiore è il consumo regolare di alcol, maggiore è il rischio di sviluppare fibrillazione atriale. Secondo uno studio del 2021 pubblicato sullo European Heart Journal, per esempio, chi consuma una dose di alcol al giorno presenta un rischio più alto del 16% di fibrillazione atriale rispetto a chi non ne consuma affatto. La percentuale di rischio cresce all’aumentare della quantità di alcol consumata: tocca il 28% in chi consuma due drink al giorno, e arriva al 47% per chi arriva a tre-quattro drink al dì. Altri studi hanno mostrato che in chi già soffre di fibrillazione atriale, l’effetto dell’alcol sul ritmo cardiaco è immediato e innescato anche da un solo drink. Purtroppo quando il cuore batte in maniera irregolare non riesce a pompare il sangue come dovrebbe predisponendo perciò all’ictus e all’insufficienza cardiaca. Sul lungo termine una fibrillazione atriale non diagnosticata e non curata predispone persino alla demenza.