di Nicoletta Dellerma
Una corretta attività fisica studiata e adattata allo stato di salute del paziente è fondamentale nella prevenzione e nel trattamento delle principali malattie metaboliche e cardiovascolari. Anzi, talora è meglio dei farmaci. In ogni caso, attività fisica e terapia farmacologica possono (e devono) coesistere a tutti i livelli, anche per i pazienti infartuati o colpiti da ictus cerebrale
Lo sport fa bene al cuore e alle arterie, e la ricerca lo conferma. Indagare gli effetti benefici sull’apparato cardiovascolare mettendo a confronto l’apporto dei medicinali e quello dell’esercizio fisico era l’obbiettivo di uno studio condotto in Inghilterra e pubblicato di recente dal «British Medical Journal». I ricercatori dello studio hanno rivalutato i risultati di 305 ricerche precedenti, andando ad analizzare gli effetti della terapia farmacologica rispetto ai benefici dell’attività fisica, sulla base delle percentuali dei decessi avvenuti fra gli oltre 340mila pazienti che erano stati presi in esame. La conclusione è stata che l’esercizio fisico fa miracoli, essendo risultato efficace tanto quanto i farmaci per la cura di malattie gravi come l’ictus cerebrale e l’infarto del miocardio. Anzi, in molti casi non esiste nessuna differenza significativa tra il ricorso ai farmaci o all’esercizio fisico. È stata questa la conclusione dei ricercatori, provenienti dalla London School of Economics, dell’Harvard Medical School e della Stanford University School of Medicine. Più nello specifico, per quanto riguarda l’ictus, l’attività fisica si è rivelata più efficace delle medicine per prevenire il rischio di morte. Per l’infarto, invece, l’assunzione di farmaci diuretici sarebbe più efficace dell’attività fisica, da considerare comunque fondamentale per la riabilitazione.
La ricerca di cui sopra evidenzia come il ricorso ai farmaci e all’esercizio fisico conduca a esiti molto simili per quanto riguarda la prevenzione dei decessi. Ne consegue che l’attività fisica dovrebbe essere considerata un’alternativa da tenere in grande considerazione, da accompagnare alla necessità di assumere farmaci. E i pazienti dovrebbero essere meglio informati circa i benefici. Infatti, praticare attività fisica con regolarità rappresenta uno dei comportamenti da adottare per mantenere lo stato di benessere, perché costituisce un momento fondamentale nella vita d’ogni persona sana, ma è ottimale nei soggetti cardiopatici, purché venga svolta nei modi e nei tempi giusti.
Vediamo come, entrando un po’ più nel dettaglio. Il cuore è una pompa costituita per la maggior parte da fibre muscolari, che ha il compito di inviare sangue a tutto il corpo attraverso le arterie. Come ogni altro muscolo, il cuore può essere “allenato” a essere più efficiente, poiché si adatta e si modifica in base all’attività fisica. Un cuore allenato, oltre a esporsi a un rischio minore di malattia, è in grado di aumentare la sua funzione di “pompa” proporzionalmente alle esigenze metaboliche dell’organismo, migliorando la tolleranza allo stress psico-fisico.
Per la salute del sistema cardiovascolare sono preferibili le attività aerobiche o dinamiche. Il cuore trae maggior giovamento da attività come il nuoto, la camminata, la corsa di fondo, la bicicletta, che permettono al muscolo cardiaco di allenarsi gradualmente, senza sforzi improvvisi in assenza d’ossigeno. Queste attività vanno bene per tutti, sia in prevenzione primaria (cioè prima che si manifesti una malattia) sia nei soggetti con cardiopatia nota (prevenzione secondaria).
Il massimo beneficio si ottiene svolgendo attività 3-4 volte la settimana per 30-45 minuti a seduta. Ogni seduta deve iniziare con un periodo di riscaldamento (cioè con un basso livello di sforzo) e terminare con un periodo di defaticamento. Vivamente consigliato il monitoraggio della frequenza cardiaca con cardiofrequenzimetro. Nel soggetto sano la frequenza va mantenuta tra il 60 ed il 75% della frequenza massimale (FC MAX= 220 – età del soggetto).
Un’attività fisica costante e regolare produce effetti benefici sul profilo lipidico: riduce il colesterolo LDL (cattivo) e aumenta il colesterolo HDL (buono), riduce i trigliceridi e favorisce un calo del peso corporeo, della pressione arteriosa e dello stress. Inoltre, migliora il controllo del diabete e riduce del 10% il rischio di mortalità per qualsiasi causa; e riduce del 20% il rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare.
Prima di dedicarsi a qualsiasi attività fisica è consigliato effettuare un controllo medico perché le patologie cardiache non diagnosticate sono estremante pericolose. Uno screening cardiologico (visita cardiologica con ECG, eventualmente ecocardiogramma, test da sforzo, ECG dinamico, Holter) con esami ematochimici rappresenta il miglior modo di ridurre la probabilità che l’attività sportiva possa provocare eventi cardiovascolari avversi, soprattutto nel soggetto di età adulta o avanzata. Scopo dello screening è quello di evidenziare cardiopatie clinicamente silenti in soggetti apparentemente sani, come pure, in soggetti già riconosciuti portatori di cardiopatia, di quantificare il rischio associato alla pratica sportiva, attivando gli interventi diagnostici e terapeutici opportuni, in modo da indirizzare il soggetto verso il tipo di attività più idonea.
Per quanto riguarda i pazienti sottoposti a rivascolarizzazione miocardica (angioplastica o bypass aorto-coronarico), a intervento di sostituzione valvolare oppure i pazienti che hanno subìto un infarto miocardico, le linee guida sono concordi nel sostenere che vadano indirizzati presso centri specialistici in riabilitazione cardiologica. In questi centri potranno usufruire di programmi specifici di ricondizionamento fisico personalizzato, di programmi di educazione sanitaria e, dove necessario, di periodi di affiancamento psicologico da parte di un esperto. L’attività fisica, unita alla correzione dei fattori di rischio, ha come obiettivo di ridurre eventuali recidive di eventi cardiovascolari e rendere migliore la qualità della vita.
Un’attività motoria ragionata e controllata e un corretto regime dietetico sono gli elementi fondamentali nella lotta contro l’obesità. L’obeso è un paziente il cui cuore “lavora” in misura superiore rispetto al soggetto normopeso, pertanto l’esercizio fisico deve essere moderato. Un allenamento aerobico di lunga durata e media intensità potrebbe normalizzare il profilo metabolico (colesterolo, trigliceridi) dei pazienti obesi; anche se questi rimarranno obesi nonostante l’attività, si avrà una riduzione dei fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari.
Numerose evidenze scientifiche confermano che il livello di attività fisica è inversamente proporzionale alla mortalità per cause cardiovascolari sia nell’uomo che nella donna, ed è stato calcolato che il rischio relativo di morte cardiovascolare è circa 5 volte superiore nei soggetti inattivi rispetto a quelli molto allenati. Tale considerazione resta valida nei soggetti affetti da ipertensione arteriosa, per i quali l’assenza di attività fisica, ma anche, all’opposto, la presenza di un’attività eccessiva, non fanno che aumentare il rischio di malattie cardiovascolari.
Venendo alla prevenzione secondaria, l’attività fisica adattata al paziente costituisce una parte importante nella terapia del post infarto e permette di determinare una riduzione della mortalità o di nuovi eventi cardiovascolari di circa il 20-25%, che si aggiunge a quella determinata dagli altri trattamenti farmacologici.
Recenti evidenze scientifiche hanno permesso di identificare i meccanismi biologici che rendono l’attività fisica un prezioso alleato contro le malattie cardiovascolari e loro recidive.
L’attività fisica generalmente si abbina a un quadro di cardiopatia ischemica meno severa e in età più avanzata con placche meno voluminose. In alcuni casi può favorire il rallentamento della progressione e talora la regressione della malattia.
Questi benefici sono dovuti in massima parte alla concomitante modificazione dei seguenti fattori di rischio quali.
1- Riduzione dell’obesità: l’attività fisica associata alla dieta costituisce la base per ottenere il calo ponderale e il miglioramento della distribuzione corporea del grasso.
2- Riduzione dell’incidenza dell’diabete: l’esercizio fisico ha effetti positivi sul metabolismo dei glucidi e riduce il fabbisogno di insulina nel paziente diabetico. È necessario che in questi pazienti siano monitorati i valori di glicemia durante l’attività fisica moderata/intensa.
3- Minore incidenza o riduzione dell’ipertensione: studi clinici hanno dimostrato che un’attività fisica costante e regolare (almeno 45-60 minuti per circa 3-5 giorni alla settimana) diminuisce la pressione sistolica di circa 10 mmHg e quella diastolica di circa 7-8 mmHg. Nel paziente affetto da ipertensione arteriosa sono assolutamente da evitare gli esercizi isometrici e contro resistenze elevate perché possono determinare un rapido incremento della pressione arteriosa.
4- Modificazione del profilo lipidico: i risultati dell’attività fisica sono generalmente un calo del colesterolo totale e della frazione LDL (favorente la formazione della placca) e un aumento della frazione HDL e un calo dei valori dei trigliceridi.
5- Effetti antitrombotici: la formazione di trombi è la causa più frequente di disturbi coronarici. L’esercizio fisico costante può determinare la riduzione dell’attività favorente la coagulazione (calo fibrinogeno, riduzione aggregazione delle piastrine ecc.). Lʼesercizio acuto intenso nei soggetti sedentari può determinare invece un aumento dellʼaggregazione delle piastrine.
6- Azione sull’endotelio: lʼendotelio è la membrana che riveste lʼalbero cardiovascolare e che svolge un ruolo importante nella regolazione del tono arterioso da cui dipende la pressione. Altresì ha un ruolo di dominus nellʼaggregazione piastrinica attraverso il rilascio di ossido nitrico. Tale vasodilatazione regolata dallʼendotelio risulta modificata nei pazienti affetti da aterosclerosi coronarica, nei pazienti con valori elevati di colesterolo, in coloro che sono affetti da diabete mellito, nei fumatori e negli ipertesi. Studi recenti dimostrano come lʼesercizio aerobico continuato (camminata, cyclette, nuoto, ecc.) migliori la funzione endoteliale e favorisca la vasodilatazione.
7- Effetti antiischemici: lʼesercizio fisico prolungato migliora il rapporto fra consumo e disponibilità di ossigeno a livello cardiaco determinando:
– riduzione della frequenza cardiaca a riposo e da sforzo;
– riduzione della pressione arteriosa a riposo e da sforzo;
– riduzione della richiesta miocardica di ossigeno;
– miglioramento della contrattilità miocardica;
Frequenza cardiaca e pressione arteriosa sistolica più basse durante lʼesercizio fisico riducono il lavoro cardiaco con un conseguente calo del consumo di ossigeno e del flusso ematico coronarico. Nei pazienti con malattia coronarica ciò permette di affrontare un maggiore carico di lavoro prima che compaiano i segni clinici (dolore, dispnea) e strumentali (elettrocardiogramma) di carenza di flusso ematico al cuore (ischemia).
8- Effetti antiaritmici: lʼallenamento, determinando un aumento del flusso di sangue al cuore e riducendo lʼattività del sistema nervoso simpatico, abbassa il rischio di aritmie ventricolari. Altre importanti azioni biologiche dell’esercizio fisico sono:
– riduzione dellʼappetito;
– riduzione del desiderio di fumare;
– riduzione dei livelli di stress;
– aumento del senso di benessere.